ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 11 aprile 2016

Horroris laetitia

Amoris Laetitia - paragrafi 304 e 305

ovvero:
Come giustificare la perfida vanificazione di ogni legge

strumentalizzando (e censurando)
San Tommaso di Aquino



Prima di un breve commento ai paragrafi 304 e 305 della “Amoris Laetitia” ne riportiamo il testo (le note presenti a pie’ pagina nell’originale sono qui fra parentesi quadre e in carattere più piccolo):




http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-
francesco_esortazione-ap_20160319_amoris-laetitia.html

LE NORME E IL DISCERNIMENTO

304. È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano.
 Prego caldamente che ricordiamo sempre ciò che insegna san Tommaso d’Aquino e che impariamo ad assimilarlo nel discernimento pastorale:
 «Sebbene nelle cose generali vi sia una certa necessità, quanto più si scende alle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione. […] 
In campo pratico non è uguale per tutti la verità o norma pratica rispetto al particolare, ma soltanto rispetto a ciò che è generale; e anche presso quelli che accettano nei casi particolari una stessa norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. […] 
E tanto più aumenta l’indeterminazione quanto più si scende nel particolare».
 [Summa Theologiae I-II, q. 94, art. 4. ]
 È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari.
 Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma.
 Questo non solo darebbe luogo a una casuistica insopportabile, ma metterebbe a rischio i valori che si devono custodire con speciale attenzione. 
[Riferendosi alla conoscenza generale della norma e alla conoscenza particolare del discernimento pratico, san Tommaso arriva a dire che «se non vi è che una sola delle due conoscenze, è preferibile che questa sia la conoscenza della realtà particolare, che si avvicina maggiormente all’agire» (Sententia libri Ethicorum, VI, 6 [ed. Leonina, t. XLVII, 354]).]

305. Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite» [Discorso a conclusione della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (24 ottobre 2015) : L’Osservatore Romano, 26-27 ottobre 2015, p. 13] 
In questa medesima linea si è pronunciata la Commissione Teologica Internazionale: «La legge naturale non può dunque essere presentata come un insieme già costituito di regole che si impongono a priori al soggetto morale, ma è una fonte di ispirazione oggettiva per il suo processo, eminentemente personale, di presa di decisione». [In cerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale (2009), 59.]
 A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa. 
[In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47: 1039).] 
Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio. Ricordiamo che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà». [Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 44: AAS 105 (2013), 1038-1039.] 
La pastorale concreta dei ministri e delle comunità non può mancare di fare propria questa realtà.



A nessuno sfugge che il succo di questi due paragrafi, in parole povere e in pratica, è che la legge, ogni legge, (il Dogma), sarebbe meramente un esercizio intellettuale, da ossequiare per carità, ma che quando dovrebbe essere applicata all’individuo (la Pastorale) allora non sarebbe affidabile, perderebbe valore, tantomeno sarebbe vincolante. 
Addirittura (paragrafo 305) :
«La legge naturale [quella di Dio !] non può dunque essere presentata come un insieme già costituito di regole che si impongono a priori al soggetto morale, ma è una fonte di ispirazione oggettiva per il suo processo, eminentemente personale, di presa di decisione». !!!!!

Poiché per sostenere queste affermazioni aberranti si è voluto fare intervenire San Tommaso e lo si è strumentalizzato citando solo una parte del suo pensiero, allora noi, prima delle brevi conclusioni, riportiamo anche quanto di rilevante è stato tralasciato.


Le citazioni della Amoris Laetitia hanno sfondo giallo, quelle nostre di completamento hanno sfondo rosa. 

L’articolo 4 completo è riportato in appendice in modo che sia chiaro anche il contesto.

La traduzione italiana è tratta dahttp://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/1225-1274,_Thomas_

sebbene nei princìpi universali vi sia una certa necessità, più si scende a deduzioni particolari e più si incontrano eccezioni. […]
 in campo pratico la verità o norma pratica non è identica rispetto ai casi particolari, ma soltanto rispetto ai princìpi comuni; e presso quelli per cui vale nei casi particolari un’identica norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. […] 
E le eccezioni aumentano quanto più si scende a determinare i casi particolari, […]
Quindi si deve concludere che la legge naturale quanto ai primi princìpi universali
 è identica presso tutti gli uomini, sia quanto alla sua rettitudine oggettiva che quanto alla sua conoscenza. 
Rispetto però a certe sue applicazioni, che sono come delle conclusioni dei princìpi universali, essa è identica presso tutti sia per la bontà delle sue norme che per la sua conoscenza nella maggior parte dei casi, tuttavia in pochi casi ci possono essere delle eccezioni, sia quanto alla bontà delle norme che quanto alla conoscenza.
 Possono infatti intervenire ostacoli particolari (come avviene del resto anche nel caso degli esseri generabili e corruttibili, che talvolta per ostacoli particolari non raggiungono l’effetto).
 E quanto alla conoscenza va notato che ci sono alcuni i quali hanno la ragione sconvolta dalle passioni, o dalle cattive consuetudini, oppure dalle cattive disposizioni naturali. 
Giulio Cesare [De bello gallico 6, 23], p. es., racconta che una volta presso i popoli della Germania non si considerava delittuoso il latrocinio, che pure è espressamente contrario alla legge naturale. […..]

Ecco l'inganno:quando la conoscenza della Legge Naturale viene meno in quei rari “casi particolari”San Tommaso 
conclude che ciò è dovuto a una ragione sconvolta da passioni, o da cattive consuetudini, oppure da cattive disposizioni naturali.
 Il biasimo è posto sulla persona e NON sulla Legge Naturale di Dio.La Amoris Laetitia 
cerca di convincere il mondo che invece è la Legge Naturale stessa che è inadeguata e che non è affidabile al momento della applicazione alla persona.Il biasimo è posto sulla Legge Naturale di Dio e NON sulla persona.
E QUESTA E' PERVERSIONE

APPENDICE


Summa Theologiae I-II, q. 94, art. 4.

Articolo 4 II - II, q. 57, a. 2, ad 1; In 3 Sent., d. 37, q. 1, a. 3; a. 4, ad 2; In 4 Sent., d. 33, q. 1, a. 2, ad 1;

De Malo, q. 2, a. 4, ad 13; In 5 Ethic., lect. 12

Se la legge naturale sia unica per tutti


Sembra che la legge naturale non sia unica per tutti. Infatti:
1. Sta scritto nel Decreto [di Graz. 1, Prol.] che «il diritto naturale è ciò che è contenuto nella legge e nel Vangelo».
Ma ciò non è comune a tutti: poiché al dire dell‘Apostolo [Rm 10, 16] «non tutti ubbidiscono al Vangelo». Quindi la legge naturale non è unica per tutti.
2. Come afferma Aristotele [Ethic. 5, 1], «si dicono giuste le cose che sono secondo la legge».
Ma egli afferma pure [ib., c. 7] che nulla è così giusto per tutti da non essere diverso per alcuni.
 Quindi anche la legge naturale non è identica per tutti.
3. Alla legge naturale appartiene, come sopra [aa. 2, 3] si è detto, ciò a cui l‘uomo è incline secondo la sua natura.
 Ma uomini diversi sono inclini per natura a cose diverse: poiché alcuni tendono ai desideri del piacere, altri a quelli degli onori, e così via.
 Perciò la legge naturale non è unica per tutti.
In contrario:

S. Isidoro [Etym. 5, 4] insegna: «Il diritto naturale è comune a tutte le nazioni».
Dimostrazione:

Come si è visto sopra [aa. 2, 3], alla legge naturale appartengono le cose a cui l‘uomo tende per natura; e tra queste c‘è la tendenza propriamente umana ad agire secondo la ragione. 
Ora, è compito della ragione procedere dai dati più comuni a quelli propri, come spiega Aristotele [Phys. 1, 1].
Tuttavia in ciò la ragione speculativa si comporta diversamente dalla ragione pratica.
 La prima infatti, trattando soprattutto di cose necessarie che non possono essere altrimenti, deduce sempre nelle sue conclusioni particolari la verità senza alcuna eccezione, come anche nei princìpi universali.
 Invece la ragione pratica tratta di cose contingenti, quali sono le azioni umane: perciò,sebbene nei princìpi universali vi sia una certa necessità, più si scende a deduzioni particolari e più si incontrano eccezioni.
E così in campo speculativo si ha un‘identica verità per tutti, sia nei princìpi che nelle conclusioni;
sebbene la verità non sia da tutti conosciuta nelle conclusioni, ma solo nei princìpi, che si dicono assiomi comuni.
Invece in campo pratico la verità o norma pratica non è identica rispetto ai casi particolari, ma soltanto rispetto ai princìpi comuni; e presso quelli per cui vale nei casi particolari un‘identica norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti.
Perciò è evidente che rispetto ai princìpi universali della ragione, sia speculativa che pratica, vi è per tutti un‘identica verità, o norma, ed è ugualmente conosciuta da tutti.
Rispetto invece alle conclusioni particolari della ragione speculativa vi è sì un‘identica verità per tutti, ma non tutti la conoscono: infatti è vero per tutti che i tre angoli del triangolo sono uguali a due angoli retti, ma ciò non è noto a tutti.
 Rispetto poi alle conclusioni particolari della ragione pratica non c‘é neppure una verità o una norma identica per tutti; e presso quelli in cui essa è identica, non è ugualmente conosciuta.
 Per tutti, infatti, è vero ed è giusto agire secondo ragione. 
E da tale principio segue, quasi come conclusione propria, che le cose depositate vanno restituite. 
E ciò è vero nella maggior parte dei casi.
 Ma può capitare in qualche caso che ciò sia dannoso, e quindi tale restituzione sia irragionevole: nel caso, p. es., che uno richieda il deposito per servirsene contro la patria.
 E le eccezioni aumentano quanto più si scende a determinare i casi particolari, dicendo p. es. che i depositi vanno restituiti con tali cauzioni e in quel dato modo: poiché più si insiste nelle condizioni particolari e più crescono i casi da eccettuare, per giustificare sia la restituzione che la non restituzione.
Quindi si deve concludere che la legge naturale quanto ai primi princìpi universali è identica presso tutti gli uomini, sia quanto alla sua rettitudine oggettiva che quanto alla sua conoscenza.
 Rispetto però a certe sue applicazioni, che sono come delle conclusioni dei princìpi universali, essa è identica presso tutti sia per la bontà delle sue norme che per la sua conoscenza nella maggior parte dei casi, tuttavia in pochi casi ci possono essere delle eccezioni, sia quanto alla bontà delle norme che quanto alla conoscenza. 
Possono infatti intervenire ostacoli particolari (come avviene del resto anche nel caso degli esseri generabili e corruttibili, che talvolta per ostacoli particolari non raggiungono l‘effetto).
E quanto alla conoscenza va notato che ci sono alcuni i quali hanno la ragione sconvolta dalle passioni, o dalle cattive consuetudini, oppure dalle cattive disposizioni naturali. 
Giulio Cesare [De bello gallico 6, 23], p. es., racconta che una volta presso i popoli della Germania non si considerava delittuoso il latrocinio, che pure è espressamente contrario alla legge naturale.
 

Analisi delle obiezioni: 
1. L'affermazione non va intesa nel senso che quanto è contenuto nella Legge e nel Vangelo sia tutto di legge naturale, poiché molte cose ivi insegnate sono superiori alla natura, ma nel senso che le cose appartenenti alla legge naturale vi sono insegnate nella loro perfezione.
Infatti Graziano, dopo aver detto che «il diritto naturale è ciò che è contenuto nella Legge e nel Vangelo», subito aggiunge esemplificando: «in forza del quale ciascuno è obbligato a fare agli altri ciò che vorrebbe fosse fatto a se stesso».
2. Le parole del Filosofo vanno riferite non alla giustizia delle norme secondo natura, che si identificano con i princìpi universali, ma a certe conclusioni che da esse derivano: le quali sono rette nella maggior parte dei casi, ma in casi particolari possono essere difettose.
3. Poiché nell'uomo la ragione domina e comanda le altre potenze, è necessario che tutte le inclinazioni naturali delle altre potenze siano ordinate secondo la ragione. 
Per cui presso tutti questa è la norma comunemente accettata: che tutte le inclinazioni umane siano guidate dalla ragione.

Articolo 6
 Supra, a. 4; infra, q. 99, a. 2, ad 2

Se la legge naturale possa essere cancellata dal cuore dell‘uomo

[…..] alla legge naturale appartengono innanzi tutto dei precetti universalissimi, che tutti conoscono, ma ci sono anche dei precetti secondari e meno generici, che sono come le conclusioni immediate dei princìpi.


Perciò rispetto ai princìpi universali
la legge naturale non può essere cancellata in alcun modo dal cuore dell‘uomo nella sua formulazione astratta. 
Tuttavia ciò può capitare nei casi concreti, quando la ragione, a causa della concupiscenza o di altre passioni, è impedita di applicare il principio universale a un‘azione da compiere, come si è visto in precedenza [q. 77, a. 2].
Invece rispetto ai precetti secondari 
la legge naturale può essere cancellata dal cuore dell’uomoo per dei ragionamenti sbagliati, il che avviene anche in campo speculativo con errori in fatto di conclusioni necessarie, oppure per delle costumanze perverse e per abiti operativi corrotti: come per alcuni non erano più considerati peccaminosi i latrocini [cf. a. 4], oppure, come riferisce S. Paolo [Rm 1, 24 ss.], certi vizi contro natura. […..]
di GLG
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1462_GLG_Amoris_Laetitia_papagrafi_304-305.html

Niente sarà più come prima. Niente è più come prima.


L’aggressione alla Parola di Dio, alla Dottrina e alla Tradizione compiuta con l’Amoris Laetitia, si situa nel solco del tentativo operato dalla gnosi, in più di duemila anni, di demolire la Chiesa fondata da Cristo.
di Danilo Quinto (11-04-2016)
«Nulla sarà più come prima», disse l’allora Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Gustavo Raffi, il giorno dell’elezione di Francesco I.
Vatican Realise Pope Francis Apostolic Exhortation 'Amoris Laetitia'Nulla è come prima: l’aggressione alla Parola di Dio, alla Dottrina e alla Tradizione compiuta con l’Esortazione Apostolica Postsinodale Amoris Laetitia, si situa nel solco del tentativo operato dalla gnosi, in più di duemila anni, di demolire la Chiesa fondata da Cristo.
Il documento, firmato purtroppo dal Vicario di Cristo, rappresenta l’epilogo del pensiero liquido, che si è formato nel corso di secoli, che ha l’obiettivo di divinizzare l’umano, di svuotare la Parola della sua oggettività e di renderla addomesticabile alle esigenze, ai bisogni e ai desideri mondani. La favoletta del peccato originale raccontata dalla Genesi può essere letta ai bambini, come quella di Cappuccetto Rosso o del Gatto con gli stivali, poi – quando i bambini diventano grandi – viene spazzata via, come quella di Babbo Natale.
Per il Papa, non esistono unioni irregolari, esiste il caso per caso, perché «le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi, nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale». Non esiste il peccato mortale, esiste il «discernimento pastorale»: «Siamo usciti da una norma generale, complessiva, valida sempre e in ogni caso», dice Don Antonio Spadaro e, come spiega Alberto Melloni, «Sui divorziati risposati c’è la legittimazione della prassi parrocchiale che li vede in molti casi accedere alla comunione». Melloni aggiunge: «Sui gay la posizione è più prudente, a volte anche deludente. Una decisione importante c’è: il Papa lascia aperta la questione dell’amore omosessuale e questo sarà il vero punto da approfondire». Lo approfondisce Sergio Givone, filosofo e ordinario di Estetica all’Università di Firenze: «Nell’Esortazione si dice che tutti gli orientamenti sessuali vanno rispettati nella loro dignità. È una dichiarazione che implica, dunque, il riconoscimento della dignità di ogni tipo di legame». Per estensione, si può ritenere che le pagine dell’Esortazione dedicate alla sessualità e all’erotismo – considerati in maniera slegata dalla riproduzione – riguardino anche le coppie di due uomini o di due donne. D’altra parte, se volessero divenire padri o madri, potrebbero ricorrere alla maternità surrogata, sulla quale il Papa – così come sul matrimonio sodomitico, sulle tecniche riproduttive artificiali, sull’aborto e, domani, sull’eutanasia – ha già fatto sapere che non s’immischia. D’altro canto che senso avrebbe pronunciarsi su questi temi, per una Chiesa che vuole consentire tutti i diritti dell’uomo? Che senso avrebbe difendere i diritti di Dio?
Come dice Carlo Felice Casula, docente di Storia Contemporanea e di Scienze Religiose a Roma 3, nell’Esortazione «le differenze vengono viste come ricchezza, da non riportare all’uniformità. E questo apre a scenari inediti. Ad esempio, la famiglia comincia ad apparire non più come istituzione, come qualcosa di immutabile, ma come storia fatta dai singoli. E mi pare si apra anche un altro spiraglio, con la messa in discussione della sua naturalità: la famiglia non è più un fatto naturale, ma costruzione umana». Del resto, una delle chiavi di lettura del documento, sta in queste parole scritte da Gianfranco Brunelli sul Sole 24 Ore: «Non si rinuncia a nulla della Tradizione, ma tutto viene reinterpretato», non solo in termini di linguaggio, ma tenendo presenti le cosiddette esigenze dell’inculturazione, dei luoghi dove la norma dev’essere accolta. È come se la legge di Dio si adeguasse alle circostanze, agli usi, alle abitudini, alla prassi. A questo punto, che difficoltà ci sarebbe a dire che la Misericordia può accogliere e perdonare anche la poligamia? Se tutto è agape – amore – tutto è felicità, tutto è per il bene dell’uomo, che non si prostrerà davanti alla Croce di Cristo per riconoscere i suoi peccati. Il lasciapassare per il Paradiso – l’Eucaristia – non sarà più solo premio per i giusti. «Non ci sono cristiani irregolari e cristiani cosiddetti giusti», dice il priore di Bose, il signor Enzo Bianchi, che sottolinea: «Mai, in nessun documento magisteriale, si era giunti ad evidenziare in modo così chiaro il ruolo della coscienza, una coscienza formata, che sa ascoltare la Parola di Dio e i fratelli, ma una coscienza che è istanza centrale e ultima, patrimonio di ciascuno come luogo della verità cercata sinceramente».

Karl Rahner SJ (1904-84)
Karl Rahner SJ (1904-84)

La coscienza, istanza centrale e ultima, puro letame se non ha come suo punto di riferimento le leggi di Dio, immutabili e immodificabili, diviene il luogo della verità. Non era questo quello che indicava Karl Rahner ne Lo Spirito nel mondo?
Nel 2007, Padre Serafino Lanzetta curò un convegno sul pensiero di Rahner e sulla sua opera del 1939 e ne raccolse gli atti in un volume, che costituisce un contributo fondamentale alla comprensione del nucleo più importante di questa teologia trascendentale, in base alla quale la grazia consiste nella auto-comunicazione di Dio all’uomo: è l’uomo che delimita, nella sua domanda, la risposta divina e diviene la stessa misura della Rivelazione di Dio. Per Rahner, l’uomo è innanzitutto coscienza, puro spirito, immerso nel mondo. Il conoscere fonda l’essere, ma la conoscenza ha il suo fondamento nella libertà, perché «nella misura in cui un essere diventa libero, nella medesima misura esso è conoscente». La coscienza coincide con la volontà dell’uomo e la volontà dell’uomo è l’attuarsi dell’Io. L’Io, a sua volta, non è sottomesso a nulla che lo possa condizionare, perché il suo fondamento sta proprio nella sua incondizionatezza e dunque nell’assenza di ogni oggettiva limitazione esterna. Se si riduce l’uomo ad auto-coscienza, se l’uomo conosce e vive il vero facendosi libero, si distrugge la morale, perché il valore morale di qualsiasi azione umana, non ha una radice oggettiva, ma è fondato solo sulla libertà del soggetto. E Dio, che fine fa in questa prospettiva? Nella concezione di Rahner, Dio – che è un mistero presente in ogni uomo, anche in colui che lo nega, perché senza quel mistero non si sarebbe uomini, liberi e responsabili – si auto-comunica a tutti gli uomini. Si rivela nel mondo, nella storia. Il peccato? Non vi può essere una visione assoluta – neanche rispetto al peccato originale – perché non è possibile per me discernere la mia responsabilità dai condizionamenti che determina nella mia condotta il mondo di cui sono parte. La salvezza? È assicurata a tutti: chiunque – anche l’ateo in quanto ateo – «accetta la propria umanità, costui, pur non sapendolo, dice di sì a Cristo, perché in lui ha accettato l’uomo». La Chiesa? Può l’istituzione di origine divina giudicare un mondo che in questa maniera si auto-assolve e che non vive più il timore di Dio e il Suo giudizio? «È evidente che, in una concezione di questo genere, è semmai la Chiesa che deve convertirsi e chiedere perdono al mondo», osservava padre Lanzetta.
La gnosi, la simia Dei – il nulla – pretende di essere il principio creatore, detronizzando Dio. È questo il peccato di Lucifero, che si vuole mettere al posto di Dio. Proprio perché simia Dei, la gnosi infiocchetta le sue innovazioni in un contesto apparentemente rispettosissimo della Dottrina. Perché deve copiare Dio. Del resto, il tentatore usò le parole della Bibbia per tentare Gesù e usò parole, in qualche modo, divine per tentare Eva. Chi intende oggi protestantizzare la Chiesa, sa che il suo tentativo farà molto soffrire le anime che anelano l’incontro con Dio, ma sa anche che quel tentativo fallirà. Sarà Maria a schiacciare la testa del serpente.

Per sorridere .... e riflettere .... su Enrico VIII ed i fautori dell'accompagnamento e del discernimento .... nelle situazioni difficili


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